Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ha lo scopo di reprimere ogni divergenza tra la realtà dei rapporti commerciali e i relativi documenti contabili che ne conseguono.
In tema di evasione, il predetto reato assume una certa rilevanza in quanto finalizzato a consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, con la possibilità di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un credito d'imposta inesistente.
Di solito accade che chi emette una fattura falsa, intestandola a un soggetto terzo, si é prima accordato con lo stesso ovvero ha accolto la sua richiesta.
La condotta criminosa consiste nella consegna o spedizione del documento fiscale per operazioni inesistenti a un terzo potenziale utilizzatore, il quale non abbia partecipato alla realizzazione dello stesso, a prescindere dall'effettivo utilizzo del documento fiscale falso.
Sul punto, una consolidata Giurisprudenza di legittimità e di merito ravvede la fattispecie incriminatrice prevista dall'art. 2 del D.L.vo 74/2000 nei casi di inesistenza oggettiva dell'operazione, ossia quando la stessa non é stata mai posta in essere nella realtà; inesistenza relativa, che si ravvede ogni qualvolta l'operazione è stata posta in essere per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura; ultra fatturazione quantitativa, cioé quando la fattura attesta la cessioni di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore rispetto a quelli forniti.
L'art. 9 del D.L.vo 74/2000 merita poi un approfondimento in tema di concorso di persone nel reato.
In particolare, l'art. 110 c.p. dispone che “ Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita ”.
In sostanza, ciascun concorrente deve aver contribuito alla realizzazione materiale del fatto tramite una condotta esteriore.
In deroga a tale principio, il sopra indicato art. 9 stabilisce che non é punibile del reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.L.vo 74/2000 chi concorre all'emissione delle fatture false, così come esclude il concorso dell'utilizzatore delle fatture false nel reato di emissione delle stesse di cui all'art. 8 D.L.vo 74/2000.
In ultima analisi, non si può non fare una cenno ai termini di prescrizione dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Il D.L.vo 74/2000 richiama integralmente i principi generali di cui agli artt. 157 e ss. c.p per i quali “ la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto....”
L'unica modifica é stata introdotta dalla legge 14.09.2011 n.148 che ha inserito il comma 1 bis all'art. 17 D.L.vo 74/2000 per il quale “ i termini di prescrizione per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto sono elevati di un terzo.”
In sostanza, i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto si prescrivono in otto anni, qualora non siano intervenuti atti interruttivi.
Nei casi di specie, recentemente lo studio legale GNV é stato in grado di smontare abilmente un'ipotesi accusatoria di fatturazione relativa ad operazioni inesistenti attraverso la produzione in giudizio di una dettagliata e copiosa documentazione contabile di tracciabilità del materiale fornito, a prezzi di mercato congrui, suffragata dalle stesse bolle di consegna della merce e da quanto dichiarato dai testimoni escussi durante l'istruttoria dibattimentale di un processo penale incardinato innanzi al Tribunale monocratico di Pavia, conclusosi con una sentenza di assoluzione con formula piena nei confronti del proprio assistito.