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11/02/2019

RESPONSABILITÀ MEDICA CONTRO CHI AGIRE E QUALE ONERE PROBATORIO?

Studio Legale GNV

A cura della dott.ssa Francesca Lenarduzzi

Come potrebbe agire il paziente danneggiato da un intervento chirurgico rivelatosi non risolutivo della patologia al punto da rendere necessario un nuovo intervento?

Storicamente, a fronte del fallimento di un intervento medico, si sono individuate tre categorie di possibili responsabili: la struttura ospedaliera, il medico privato e il medico dipendente. Tra le prime due e la terza sono significative le differenze.

La responsabilità della struttura ospedaliera(sia pubblica che privata) e quella del medico privato è pacificamente considerata di tipo contrattuale. Si tratta di fattispecie regolate dall’art. 1218 c.c. con la specificazione che nel primo caso l’art. 1218 c.c. opera per il tramite dell’art 1228 c.c.

Questo inquadramento sistematico risalente nel tempo è stato da ultimo riconfermato dall’art. 7 commi 1 e 2 della legge n. 24 del 2017, che contiene la disciplina attualmente vigente di in tema di responsabilità medica.

Per quanto riguarda invecela responsabilità del medico dipendente della struttura ospedaliera,fino a fine anni 90, questa era ritenuta essere di tipo aquilianaexart. 2043 c.c. Con sent. n. 589/1999, la Corte di Cassazione ha ribaltato l’indirizzo consolidato stabilendo che sussiste responsabilità contrattuale per i danni cagionati al paziente. Tale orientamento è stato poi confermato con la sent. a Sezioni Unite n. 577/2008 prevedendo un regime probatorio favorevole per il paziente danneggiato. Quest’ultimo, agendo in giudizio, dovrà limitarsi a provare il contratto e l’aggravamento della patologia (in tal senso Corte Cass. sent. n. 13533/2001).

Il quadro si qui descritto è stato però rimesso in discussione con l’entrata in vigore delle c.d. legge Balduzzi (d.l. n.158 del 2012) la cui ratiopuò individuarsi nella necessità di porre un freno all’incremento della c.d. medicina difensiva.

L’art. 3 del citato d.l. stabiliva che l’esercente professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate non risponde penalmente per colpa lieve ma resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 c.c. (responsabilità extracontrattuale in capo al medico dipendente)

Il definitivo ritorno alla configurazione della responsabilità aquiliana in capo al medico (dipendente) si è conclusa con la legge n. 24 del 2017 nota come legge Gelli-Bianco che ha stabilito, attraverso l’art. 7, co. 3, che l'esercente la professione sanitaria è chiamato a rispondere della propria attività ai sensi dell'articolo 2043 c.c. (salvo il caso in cui abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente). Da ciò deriva il conseguente termine quinquennale di prescrizione ed un onere della prova, in capo al danneggiato, consistente nella prova del fatto illecito, del danno, dell'elemento soggettivo ed il nesso causale tra condotta ed evento.

Nel caso in cui dunque si agisca nei confronti della struttura sanitaria o del medico privato, il paziente è gravato dell’onere proprio della responsabilità contrattuale che si sostanzia nella prova del contratto di spedalità e nella prova del danno subito, ossia della mancata guarigione ex art. 1218 c.c. (cfr sent. Corte Cass. 13533/2001) con un termine di prescrizione di 10 anni. Quanto al danno risarcibile questo è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione.

Quando invece si agisca nei confronti del medico dipendente della struttura, in tal caso opera la responsabilità extracontrattualeexart. 2043 c.c., con termine di prescrizione più breve di cinque anni ed un onere probatorio ben più gravoso per il paziente, dovendo egli provare l’adempimento inesatto, il danno patito il nesso causale intercorrente tra i due, oltre alla prova dell’elemento soggettivo (nella forma del dolo o, quantomeno, della colpa grave).

Con la legge n. 24 del 2017 è stata data particolare rilevanza alle linee guida e dunque al rispetto di queste.

Ricordando che in ambito extracontrattuale la prova della colpa presenta profili incerti, ove si trattasse di interventi c.d. di routine, si può però evidenziare come essi siano, per definizione, pressoché sicuri nel raggiungimento del risultato e, dunque, è palese l’insufficiente diligenza professionale o l’imperizia.

E' dunque di fondamentale importanza affidarsi per la tutela delle proprie pretese, in casi analoghi a quello trattato, ad uno studio legale esperto in materia al fine di poter esperire la migliore azione per ottenere il giusto risarcimento.

 

 

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